Quando su Twitter ho visto #BobDylan di tendenza ho pensato che fosse morto, e mi era sembrato strano non aver sentito la notizia al telegiornale.

Poi, spulciando fra i cinguettii, ho scoperto che fortunatamente si trattava “solo” del Nobel per la Letteratura 2016 appena assegnato a Bob Dylan, fra qualche borbottio e tanto stupore.

Io ho visto Bob Dylan dal vivo al Palaeur di Roma il 19 giugno del 1984 (avevo vinto il biglietto…).


Era da poco uscito l’album Infidels e in quella tournée italiana organizzata da David Zard (Arena di Verona, Roma, Milano) l’aspro, essenziale ma da un bel pezzo mitico menestrello americano, coabitava con la debordante anima latina di Carlos Santana.


E così dopo due ore di ritmica incessante, Santana ha ceduto il palco ad un Bob Dylan rockettaro con la sua band (alla chitarra Mick Taylor degli Stones) e graffiante bluesman nei suoi assolo con armonica e chitarra.


Forse ha esordito con Jockerman. Di questo non sono sicura ma ricordo bene il magnetismo dello sguardo e di quella sua vocalità così tagliente e priva di fronzoli.


Mi prese in contropiede: mi aspettavo un’esibizione gigionesca in cui il celebre menestrello – che era già famoso quando io ero appena nata – citava se stesso e compiaceva sornione la platea, illuminata dalle fiammelle ondeggianti degli accendini.

Invece Bob Dylan ci ha dispensato una bella dose di emozioni con quel suo fare da domatore dispotico che ti ipnotizza e poi ti butta via, sedotto e abbandonato.


Nessuno, neanche lui, avrebbe all’epoca previsto questo Nobel assegnatoli semplicemente perché Dylan ha distillato e immortalato nelle sue canzoni mezzo secolo di vita e di rivoluzioni culturali del mondo occidentale.


Questo riconoscimento gli avrà fatto sicuramente piacere.

O forse non gliene importa più di tanto… e nonostante il Nobel, l’Oscar, il Grammy e via dicendo Bob Dylan continuerà imperterrito a dispensare emozioni con quel fare caustico rimasto inalterato negli anni.


E si godrà i patimenti dei giornalisti e dei critici musicali che lo hanno dato per finito almeno una ventina di volte e che, per scrivere di lui e del suo Nobel, dovranno sudare sette camicie perché nemmeno Wikipedia è riuscita a condensare tanta leggenda in quattro righe e due postille.

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