25 anni fa la morte di Mia Martini. Mimì Bertè aveva 47 anni, le cuffie di un mangianastri sulle orecchie, la mano tesa verso il telefono per chiamare Loredana.

Loredana tanto amata. Che ha la sua stessa voce, la stessa purezza viscerale e graffiante. E che non rispose.

Dalla morte di mia sorella non mi sono mai ripresa. Non è vero che il tempo cancella: è sempre ieri. Mimì prima di morire mi ha telefonato e io non ho risposto. Poco prima aveva anche insistito per regalarmi un cellulare ‘Così ti trovo’, diceva, ma io non l’ho voluto.

Mi sono punita per questi errori: avrei potuto salvarle la vita. Ho smesso di amare tutto, anche me stessa, e non ho più ricominciato.

Ancora oggi intorno a Mimì Bertè aleggia un colpevole imbarazzo. La sua morte? Un errore fatale, forse un suicidio. La sua vita? Piena di luci ed ombre che non sempre si alternano, non sempre si escludono:

le rare volte che ci siamo visti lei non era mai serena. Abbiamo vissuto sempre in due mondi ben distinti ma legati comunque da una comune sensazione di emarginazione, di solitudine. Probabilmente per Mia ogni torto subìto era una ferita vera. (Franco Califano).

La notizia della morte di Mia Martini mi raggiunse a “Domenica in”, dove presentavo Angeli in prestito, dedicata a mia madre.

Non potevo fare a meno di pensare a Mimì mentre cantavo “Io ti ho vissuta come un’abitudine, leggera come neve, ma abitudine… Risento tra le note il gusto popolare della tua voce: ma gli angeli li abbiamo solo in prestito. Il vento, prima o poi, se li riporta via”. (Franco Simone)

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