Dopo tre mesi di astinenza dalle mie passeggiate in riva al mare a causa della segregazione da coronavirus, sono tornata in spiaggia aspettandomi di trovare la metà degli stabilimenti balneari chiusi se non sottodimensionati.
Questo a causa delle recenti polemiche sollevate dagli addetti alla balneazione in merito alle rigide regole di distanziamento e di igienizzazione prescritte dal decreto governativo per la riapertura post-Covid19.
Ma niente di tutto questo.
Tutti i lidi vicini a casa mia sono aperti, rimessi a nuovo.
Sfoggiano un terzo di ombrelloni e di lettini, nuovi di zecca, in più rispetto all’anno scorso, rosicchiando gli spazi “vitali” di questa spiaggia squallidina, noiosa e poco ambita, frequentata prevalentemente da anziani.
Ricostruito il campetto di beach volley cancellato dall’inverno. Pronti in trincea ristoranti e bar dai tavolini distanziati come al solito. Ultimi ritocchi a pagliarelle e steccati da parte di bagnini abbronzati e pimpanti: gli stessi dell’anno scorso.
Quindi?

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