Si è riparlato in questi giorni della correlazione fra anoressia e mondo della moda, visto che in Francia è stata approvata una legge anti-anoressia che impone alle agenzie di moda di richiedere a chi viene assunto (uomo o donna) un certificato medico che ne attesti il perfetto stato di salute e impone la dicitura ritoccate, se queste lo sono, alle foto pubblicate sui giornali e raffiguranti soggetti molto magri, onde evitare casi di emulazione da parte di persone a rischio.


Prima della Francia, Israele ha approvato una legge analoga (sarebbe interessante conoscerne gli esiti).
In Italia ci si rimette alla buona volontà degli stilisti e non sembra che la notizia abbia provocato particolare emozione visto che la stampa, nel riportarla, si è limitata a cambiare data ad articoli analoghi già pubblicati ad aprile.

Nell’ambiente della moda italiana il problema anoressia viene rimosso, per cui rimane epocale la presa di posizione di Oliviero Toscani che, nel lontano 2007, per la campagna pubblicitaria di Nolita, ritrasse il corpo emaciato di Isabelle Caro, La ragazza che non voleva crescere, come si definiva nel titolo della sua autobiografia, morta tre anni dopo. Aveva 28 anni appena.


Forse è la definizione disturbo alimentare che fa sembrare l’anoressia innocente come la voglia di Nutella: un vezzo femminile tipico di modelle o principesse in vena di capricci.
In realtà è una vera malattia (che colpisce anche gli uomini) ancora sconosciuta e che ha una elevata percentuale di cronicizzazione e di mortalità.
Gli anoressici tirano a campare per decenni come larve in attesa di una eventuale guarigione.


Ma non esiste una vera terapia come non c’è una causa precisa, anche se sembra esistere un legame fra l’anoressia e il malato desiderio di piacere a “qualcuno” anche a costo di uccidersi.
In una intervista Valeria Levitina, già miss Chicago e ridotta a pesare 29 kg, si preoccupa solo di domandare: “Vi piaccio?”.

Tornando al legame fra moda e anoressia, è ovvio che la prima non è causa della seconda.


Ma è vero che le agenzie pretendono dalle indossatrici che facciano la fame per rientrare in parametri assurdi ma accettati dagli stilisti e, alla fine, anche dai consumatori.
Ce lo confermano le modelle stesse che, qualche volta (raramente) si ribellano, come ha fatto due mesi fa Charli Howard (23 anni, taglia 38) mandando a quel paese, da Facebook, l’agenzia di turno.

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