Tanti anni fa seguivo la F1 con una grande passione che è stata incrinata dal tragico incidente di Ronnie Peterson al GP di Monza del 1978, e annientata dalla morte, in diretta televisiva, del mito Ayrton Senna: Imola 1 maggio 1994.
Dopo di allora non ho più guardato un gran premio di F1.
Ma mi sono innamorata del bellissimo amarcord di Heineken che con lo slogan When you drive never drink – sulle note di Heroes cantata da Nicole Atkins – sfoggia in uno spot visto spesso in questi giorni, le glorie del 3 volte campione del mondo Jackie Stewart.
Sir Jackie Stewart iniziò a correre quasi per caso nel 1962: ero appena nata.
Nel 1964 era già in F3 con la sua Tyrrel ma sarà la F1 a consacrare la sua leggendaria carriera durata fino al 1973, quando decise di lasciare uno sport in cui si moriva con troppa facilità.
“Un giorno, Helen (sua moglie) ed io decidemmo di fare un elenco di tutti gli amici che abbiamo perso a causa di incidenti durante delle gare automobilistiche, ci siamo fermati quando abbiamo raggiunto quota 50…”.
Lo stesso Jackie Stewart nel 1966 era rimasto coinvolto in un incidente sul circuito di Spa a cui sopravvisse miracolosamente perché la sua monoposto, che si era schiantata contro degli alberi, non si incendiò (era inzuppato di benzina).
«Rimasi intrappolato nella mia vettura per 25 minuti, impossibilitato a muovermi. Graham Hill e Bob Bondurant mi fecero uscire usando una chiave inglese di un kit di uno spettatore. Non c’era un dottore e non c’era un posto dove mettermi. In seguito mi hanno messo nel retro di un furgone.
Alla fine un’ambulanza mi portò al Pronto Soccorso vicino alla torre di controllo dove mi lasciarono su una barella sul pavimento circondato da mozziconi di sigaretta. Mi misero poi su un’ambulanza con una scorta della Polizia, ma la scorta si perse e il conducente dell’ambulanza non sapeva come arrivare a Liegi…
…All’inizio sospettavano che avessi un infortunio alla spina dorsale, in seguito si è scoperto che l’infortunio non era grave, ma loro non lo sapevano!
Quindi pensai che se questo era il meglio che avevamo allora c’era qualcosa che non andava: c’era qualcosa che non andava con le piste, le auto, i medici, la prevenzione incendi, e le squadre di soccorso…”.
Dopo quell’esperienza the Flying Scotsman divenne uno scomodo ma instancabile paladino dei diritti dei piloti a correre in circuiti sicuri su auto sicure.
Oggi può sembrare incredibile, ma si lottava per eliminare i micidiali guard rail a bordo pista o per rendere obbligatorie le cinture di sicurezza, il casco integrale o la tuta ignifuga, “conquistata” solo dopo il tragico incidente che sfigurò Niki Lauda al Nürburgring, nel 1976.
Tutto questo appartiene fortunatamente al passato, ad un mondo lontano.
Oggi Sir Jackie Stewart racconta di quando gli regalarono un Rolex Daytona e lui se lo toglieva prima delle gara “per non rovinarlo“, ed è così irresistibilmente scottish quando rifiuta una Heineken perché “I’m still driving”, e si allontana con la sua Jaguar, come un eroe dei vecchi western.
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