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Il blog che parla di stile e di fashion con una sfumatura di gossip

Ida Paro: blogger, style consultant, personal shopper

Giusi Ferré incontra Armani

news Posted on 29 Nov, 2015 20:02

Mi piace molto Giusi Ferré forse perché ha più di vent’anni, non indossa la 38 e non intasa il web di selfie.
O forse perché quando parla sa affabulare, dà sempre l’impressione di sapere quello che dice, la ascolteresti per ore e ore mentre ti racconta del suo mondo: la moda.
A Natale sotto l’albero c’è sicuramente posto per il suo ultimo libro fresco di stampa: “Giorgio Armani Il sesso radicale“, edito da Marsilio.


Fra citazioni e foto Giusi Ferré nel suo libro mette sotto la lente di ingrandimento aspetti dello stile di re Giorgio che, secondo la giornalista, precorrono la nascita del cosiddetto genderless, oggi di ordinaria amministrazione sulle passerelle dell’haute couture:
Chiariamoci: Armani non ha creato il genderless, ma è stato il primo a rendere più fluide le differenze uomo-donna.
Sin dall’inizio della sua carriera ha portato avanti una esperienza estetica interessante: ha donato alla donna pezzi del guardaroba maschile e viceversa, alleggerendo ad esempio la giacca per gli uomini
”.


Tutto questo senza calcolo, seguendo il naturale fluire delle sue intuizioni:
Forse senza esserne consapevole, immerso nella sua visione estetica (Armani) elabora una profonda operazione fashion che, in qualche modo, anticipa quanto accade oggi”.

Prima di “Giorgio Armani Il sesso radicale”, Giusi Ferré ha dato alle stampe altri libri che, vagando per il web, è forse ancora possibile intercettare:
Timberlandia – Mondadori, 1987
Alberta Ferretti: lusso, calma, leggerezza – Leonardo, 1998 (con S. Mazza)
Gianfranco Ferré: la poesia del progetto – Leonardo, 1998
Gianfranco Ferré: itinerario – Leonardo, 1999
Now and… Moncler 1952-2002 – Baldini & Castoldi, 2002
Buccia di banana: lo stile e l’eleganza dalla A alla Z – Rizzoli, 2012

Per approfondire l’argomento Armani da non perdere invece il volume autobiografico “Giorgio Armani”, da poco pubblicato da Rizzoli per i quarant’anni di attività dello Stilista, in cui foto inedite fra pubblico e privato ci dicono tutto del lavoro e della vita di questo nostro “patrimonio culturale dell’umanità”.

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Il bob: cento anni e non li dimostra.

style Posted on 28 Nov, 2015 15:41

Long, short, medium, messy, shag, curly, choppy, wavy, wob….


beh, io lo porto “normale”. Il bob, il caschetto, o come lo volete chiamare: taglio netto alla mascella, biondo. Come la Raffa tanti anni fa…
A mia difesa dico che fino a settembre l’ho portato short e messy, ma ero stanca di sfilare le ciocche e così ho ceduto al… vintage!
Un vintage di tutto rispetto considerato che parliamo di un taglio di capelli che in poco più di cento anni ha fatto le mode e le rivoluzioni.


Creato a Parigi nel 1909 dal coiffeur Antoine, il bob cut resta nel dimenticatoio fino agli Anni Venti quando viene rilanciato da Irene Castle (castle bob) e nel mondo anglo-americano diventa ben presto simbolo di emancipazione femminile: le donne si tagliano i capelli e possono votare, fumare, bere alcolici, portare vestiti corti, pantaloni, succinti costumi da bagno e guidare la macchina.

Art Déco, flapper girl, Cotton Club, Coco e Chanel n.5 e la petite robe noir, Wall Street Crash… gli anni passano e sazio della sua prima rivoluzione il bob cut sonnecchia fino al 1962 quando l’hair stylist Vidal Sassoon, ispirato dalla Bauhaus, lo ripropone in una forma geometrica e stilizzata prontamente rilanciata da Mary Quant e adottata da quella svolta epocale che sono gli Anni Sessanta con la loro rivoluzione giovanile che travolge il mondo intero a ritmo di beat, rock e… bob!.


Rivoluzione, musica e capelli… Durante la tournée americana dei Beatles un giornalista domanda a George Harrison: “Come si chiama il vostro taglio di capelli?“. “Arthur”, scherza lui.


Un nome, tanti nomi per dire bob, ancora bob e sempre bob.
Un taglio che ha cent’anni e non li dimostra e che anche nel 2016, ne siamo sicuri, farà style, glamour, fashion.

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Stella McCartney moda… da vivere

style Posted on 26 Nov, 2015 12:50

Ricordo la notizia al TG. Era il 1995:
le supertop Kate Moss, Naomi Campbell e Yasmin LeBon volavano a Londra per indossare gli abiti disegnati per la fine del suo corso, alla Central St Martins, dall’amica laureanda Stella McCartney, sfilando sulle note di Stella May Day, canzone scritta per l’occasione da sir Paul McCartney che, emozionato, disse: “I am the proudest dad in the world”.
E io pensai “La solita figlia di papà”…

Sono trascorsi vent’anni e l’Olimpo della Moda ha accolto fra le sue braccia la bionda stilista che ormai firma le sue collezioni, collabora con brand internazionali, veste la squadra olimpica e paraolimpica inglese nel 2012, raccoglie riconoscimenti e premi fra cui l’OBE dalle mani della Regina Elisabetta nel 2013 e ultimo, in ordine di tempo, il British Brand of the Year ai British Fashion Award 2015.

Oltre a disegnare modelli da indossare Stella McCartney è divenuta lei stessa un modello di vita e di imprenditorialità ecocompatibile: “Siamo un’azienda vegetariana, nessuno dei nostri prodotti contiene pellami, pelliccia o piume nè è testato su animali”.


Ecologista, animalista e vegetariana, senza mancare di rispetto al blasonato papà si può affermare che Stella è “figlia di mamma”: mamma Linda solare e intelligente, paladina dei diritti degli animali. “Se i mattatoi avessero le pareti di vetro nessuno mangerebbe carne”, diceva instillando nella sua famiglia il rispetto per ciò che non ci appartiene e non abbiamo diritto di distruggere: la natura, la Terra.


Vorrei che tutti visitassero il sito web di Stella McCartney: c’è la moda, si parla dei materiali e dei processi produttivi delle sue collezioni cruelty-free, delle sue boutique ecocompatibili, di diritti degli animali, di propagande contro il tumore al seno e contro la violenza alle donne, di beneficenza.
Stella McCartney, per quanto giovane, con il suo esempio e la sua coerenza è il prototipo dello stilista del futuro: artista, creativo alla ricerca del suo stile, sì ma non solo. Anche ricercatore e imprenditore, attento all’ambiente.
Un modello da imitare.

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Il valzer dei Creativi

news Posted on 21 Nov, 2015 22:53

La Perla cambia direttore creativo affidando, sembra, all’estro del brasiliano Pedro Lourenço le imminenti collezioni 2016/2017.
Lourenço, che ha prestato la sua opera da Lanvin e Giambattista Valli, sostituisce il toscano Emiliano Rinaldi.


Il mese scorso anche due maison francesi hanno rivoluzionato i loro staff creativi: da Cristian Dior, Raf Simons ha lasciato il suo incarico dopo 4 anni di collaborazione: “È dopo un attenta e lunga riflessione che ho deciso di lasciare la mia posizione di direttore creativo di Dior. – ha detto in una nota – Si tratta di una scelta basata sul desiderio di focalizzarmi su altri interessi personali, tra cui il mio marchio, e di coltivare la passione che nutro per questo lavoro. Dior è una maison meravigliosa ed è stato un onore collaborarvi”.


Atmosfera decisamente meno celestiale chez Lanvin. La maison ha infatti divorziato dal couturier Alber Elbaz:
«Nel momento in cui lascio la maison Lanvin, su decisione del suo azionista di maggioranza, desidero ringraziare tutte le persone che hanno lavorato con grande passione al risveglio di Lanvin negli ultimi 14 anni – ha dichiarato Elbaz e dire che sono grato a tutti i meravigliosi collaboratori dell’atelier Lanvin, che hanno arricchito e sostenuto il mio lavoro”.


Alber Elbaz è anche azionista al 10% di Lanvin: un divorzio, quindi, che farà ancora discutere.

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Main Street Across the World

news Posted on 21 Nov, 2015 21:56

Main Street Across the World è uno studio annuale di Cushman&Wakefield, una delle principali società di consulenza immobiliare del mondo, che fornisce un indicatore dell’andamento dei canoni di locazione riguardante 269 vie dello shopping, le più famose di 59 nazioni.
Per quanto riguarda il 2015, il primato degli affitti più cari va – come ogni anno – alla Fifth Avenue di New York, seguita dal Causeway Bay di Hong Kong, al primo posto in Asia.

Regina della moda, la Francia ha il primato europeo delle shopping routes più costose con Avenue des Champs Elysées.
Al quarto posto della classifica c’è Londra, con New Bond Street.
Al quinto l’Italia, ovviamente con Via Montenapoleone, il cuore del glamour targato Milano.


A livello italiano i dati analizzati rilevano un incremento del 25% dei prezzi in via Montenapoleone e del 5,8% in via S.Andrea, sempre a Milano.
Stabili le altre città ad eccezione di Roma, con il + 26,7% di via Condotti, e Venezia con il + 14,3% della Calle Larga XXII Marzo e della Calle San Moisé.



Amarcord… Marinella!

style Posted on 18 Nov, 2015 21:32

I più bei centri storici d’Italia sono colonizzati da megastore che importano i loro vestiti da nazioni dove si sfrutta il lavoro minorile e si orlano giacconi con pellicce di cane.
Sono giganti che hanno invaso il mercato globale vendendo straccetti che non superano una centrifuga ma sono incorniciati da sontuose, fantasmagoriche ambientazioni firmate dai più grandi architetti.
Tutti molto glamour.
E tutti uguali, per uniformare fra di loro i volti delle città del mondo intero.
Al punto che un viaggiatore distratto potrebbe non capire se si trova in una via di Firenze, in una street di Londra o in una avenida madrilena.


I giovani non lo sanno, ma non è stato sempre così.
Tanto tempo fa, nelle “vecchie eleganti vie del centro” esistevano le eleganti boutique e i vecchi, cari caffè delle “vie del centro”, appunto.
I gestori erano italiani: niente occhi a mandorla o body guard di colore o parlate incomprensibili al di fuori dei dialetti.


Melting pot
era un nebuloso concetto abbinato alla Grande Mela e andare a far compere (non esisteva lo shopping) era una vera goduria per la diversificazione dell’offerta, per la libertà di scegliere (i capi erano più cari, è vero, ma duravano anni) e di scovare il tesoro nascosto, un negozio speciale, magari all’angolo fra piazza Vittoria e via Calabritto.


Amarcord una bottega, tantissimi anni fa…
perché un paio di volte ho avuto la bella idea di andare, sotto Natale, a comprare come regalo una cravatta da Marinella.
Bella idea davvero: il piccolo negozio con la sua porticina. I cassetti fino in cielo e giù, in terra, nel poco spazio lasciato libero dalle vetrinette antiche, di legno scuro: La Ressa!

A sgomitare, a vociare come popolane al mercato c’era la crème dei professionisti partenopei, medici e avvocati altrimenti austeri, che si agitavano come dannati per ordinare “due”, “dieci”, “venti” cravatte, e il gilettino in cachemire, e ‘na pochette
Non ho mai più visto, dopo di allora, degli uomini andare fuori di testa in quel modo per un capo di abbigliamento (vabbeh, un accessorio): quella benedetta cravatta di Marinella!
Che alla fine nemmeno ho comprato perché, in debito di ossigeno, sono corsa via rinunciando al mio proposito.

Oggi Marinella ha compiuto cent’anni: è un vanto del made in Italy, ha punti vendita sparsi in tutto il mondo pur mantenendo intatte la qualità e la bellezza delle sue prestigiose creazioni.
E così una volta tanto assistiamo a un lieto fine visto che la piccola bottega si è trasformata in una bella farfalla e non, come sempre più spesso capita nelle città italiane, in un fast food.

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Lo stile che… Vale!

style Posted on 16 Nov, 2015 17:42

Si può avere stile azzeccando l’outfit perfetto per ogni occasione. Oppure indossando una t shirt: se ti chiami Valentino Rossi.


Valentino Rossi
: “pilota di moto”, ammirato da centinaia di migliaia di supporter in tutto il mondo – nonché da molti “avversari” – per la classe, l’audacia, la capacità di rinnovarsi, la correttezza.

Valentino Rossi: coccolato dagli amici d’infanzia con cui vive in sintonia.
Amato dalla sua famiglia e da persone di ogni età, perfino dalle nonnine che, ve lo assicuro, stravedono per lui.


Valentino Rossi: che aiuta i giovani piloti italiani a crescere senza essere geloso della sua preziosa esperienza, credendo in loro.

E che ha rinnovato il mondo della MotoGp immettendovi tecnologia, imprenditorialità e professionalità.


Valentino Rossi
che NON vince sempre.

E che affronta con la stessa intensità trionfi e sconfitte da cui sembra impossibile rialzarsi, risorgendo dalle sue ceneri più forte di prima.

Vale è un grande campione italiano, e ci fa sentire orgogliosi di essere italiani.

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Matrimonio all’italiana…

style Posted on 15 Nov, 2015 11:20

Essendo sua dirimpettaia, riesco di rado a sottrarmi agli estenuanti raid ricognitivi per boutiques e ristoranti organizzati da Mary in vista del suo matrimonio con Alex.
Il fortunato Alex che, essendo pilota di linea, latita ben volentieri quando si tratta di andar per bomboniere.


E così da mesi cerco inutilmente di correggere la wedding route di Mary pericolosamente calante verso una spettacolarità bollywoodiana.
Ma ho trovato un inaspettato alleato nell’ultimo colpo di genio di Mary:
un adorabile weekend ad Assisi in agriturismo tipico, con tappa a Umbria Sposi nella vicina Bastia Umbra.
Ad Assisi sembra che il tempo si sia fermato e si respira ancora la magia di San Francesco e Santa Chiara aleggiante su dolci declivi punteggiati da ulivi ascetici.


Umbria Sposi
fa invece l’occhiolino alle golosità cerimoniali più in voga e sicuramente più vicine ai gusti dell’imminente sposina, con una panoramica sulle novità moda sposa 2016.


Per i vestiti ampie gonne con tulle di cristallo e corpetti effetto nude, e aderenti abiti a sirena decorati di fiori e piume con qualche concessione a ruches ed effetti tridimensionali.
Tradizionali le nuance predominanti in panna e avorio.
Una pioggia lieve di fiori, cristalli e paillettes emigra da veli e corpetti per posarsi sulle composizioni floreali e le mise en place. (foto…)

A latere fuochi d’artificio, (deliziosi) confetti aromatizzati, video professionali a immortalare una cerimonia religiosa che diventa fiction, ambientazioni principesche, monumentali auto d’epoca e carrozze.
Il tutto orchestrato da un operoso nugolo di wedding planner, tour operator, chef e coiffeur per cesellare nei minimi particolari una giornata che dev’essere memorabile e fantasmagorica, almeno secondo il Mary-pensiero. (foto…)

Ma il miracolo è in agguato. Complice l’incantevole campagna umbra e un meteo benigno che ingentilisce questo novembre inoltrato, un tarlo inizia a rosicchiare i deliranti wedding plans di Mary instillando nella sua mente una gran voglia di Italia, di tradizione, di eleganza e sapori di casa.
L’idea di un matrimonio all’italiana (senza riferimento al film di De Sica con la divina Loren e un irripetibile Mastroianni) manda in frantumi il grasso cerimoniale immaginato da Mary nei minimi particolari. (foto…)


E così, almeno per il momento, vince il Belpaese: la suggestiva cappella medievale, abito in pizzo, musica d’organo, un gustoso menu che parla italiano e le buone vecchie foto di una volta in posa, con amici e parenti che non devono per forza dire: cheese!



OPIUM… mot magique

style Posted on 05 Nov, 2015 17:43

Oggi nessuno si meraviglia se un bebè esibisce una tutina o delle scarpine griffate. Le mamme li vestono come fossero Barbie e Ken e se i pupi sapessero parlare avrebbero di sicuro un iPhone.
Ai miei tempi i bambini dovevano accontentarsi di semplici “abitini” e i primi approcci con le grandi maison si verificavano in avanzata età adolescenziale, questo perlomeno in provincia.


Si seguivano le mode, naturalmente, ma i “vestiti firmati” (allora si chiamavano così) erano prerogativa delle figlie di papà.
Io non lo ero, ed è più che normale quindi che ricordi ancora con emozione il primo stilista della mia vita: Yves Saint Laurent.
Galeotto fu IL PROFUMO: OPIUM.


Ero alla ricerca di un profumo personale in cui io potessi riconoscermi, stanca di cambiare boccette che non lasciavano il segno.
Andai così nella fornitissima profumeria che apparteneva alla mamma della mia migliore amica e lei, che mi conosceva bene, mi raccomandò caldamente quest’essenza esotica e avvolgente.
Fu un colpo di fulmine sfociato non in una fugace passioncella ma in vero amore, visto che OPIUM è ancora oggi il MIO PROFUMO, nonostante l’insidioso assedio di favolose fragranze create successivamente sia da YSL che dalle altre maison.


OPIUM
nasce dal cuore e dalla mente di Yves Saint Laurent nel 1972.
L’idea è quella di ricreare le suggestioni della Cina imperiale e dei samurai in un profumo che diventa realtà solo nel 1977 grazie alle alchimie del profumiere spagnolo Alberto Morillas (Acqua di Giò, Flower by Kenzo).
La confezione – leggermente diversa da quella odierna – è disegnata da Pierre Dinand e il successo di questa inconfondibile fragranza languida e speziata è immediato e sostenuto nel tempo da campagne pubblicitarie di sicuro impatto basate sul glamour di testimonial come Linda Evangelista, Kate Moss, Emily Blunt e Sophie Dahl, il cui nudo integrale manda in tilt la Gran Bretagna, che lo censura.

Sono trascorsi quarant’anni, OPIUM ha conosciuto alti e bassi nelle preferenze femminili; è stato affiancato – ma non superato – da altri profumi (Belle d’Opium, Black Opium, Opium pour homme…).
Nel 2008 è rimasto orfano del suo papà: Yves Saint Laurent ci ha lasciato ma la sua magia continua a vivere sulle passerelle, nei film, nei ricordi.

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Uno stile di vita sano allontana il cancro

life Posted on 03 Nov, 2015 23:46

Vagando per il web mi sono imbattuta in una locandina dell’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) riguardante I Giorni della Ricerca, dal 2 all’8 novembre, durante i quali con varie iniziative l’ormai “cinquantenne” Associazione si impegna ad informare la collettività sui risultati ottenuti dalla ricerca scientifica sul cancro e a raccogliere fondi per sostenere i giovani ricercatori.


Aiutaci a rendere il cancro una malattia sempre più curabile“, esorta uno degli slogan di questa settimana dedicata alla divulgazione e alla sensibilizzazione dall’AIRC, con il sostegno della RAI, dei Social, e di numerosi testimonial beniamini del grande pubblico.

Uno sforzo volto a cambiare un punto di vista comune un po’ a tutti noi che siamo portati a pensare, probabilmente per sentirci più forti davanti alle difficoltà di tutti i giorni, che la malattia con la “Mmaiuscola, quella che fa rabbrividire al solo pensiero, riguarda solo gli altri.
Se, o quando, poi questa bussa alle porte, ci rendiamo conto di quanto diventiamo fragili.
Di quanto una parola sola – che può essere Cancro o Parkinson, o qualunque altro di questi mostri misteriosi e crudeli che rendono schiavi e devastano l’individuo – ci può rendere bisognosi di tutto: di cure, di affetto, di sicurezza, di risposte, di speranza.


Testimonial per l’AIRC anche persone “comuni” guarite dal cancro anni fa, che raccontano il loro calvario quando le terapie erano devastanti quasi quanto la malattia.
Raccontano di sé per far capire agli altri come la prevenzione e le nuove cure abbiano migliorato l’approccio a questa malattia e per sottolineare che la ricerca (io dico senza sperimentazione sugli animali) è l’unica via che permetta terapie più veloci e meglio tollerate dal malato.


Sul fronte della prevenzione è stato calcolato che se le persone conducessero uno stile di vita sano si potrebbe evitare la comparsa di un caso di cancro su tre.

Il World Cancer Research Fund nel 2007, dopo anni di ricerche, ha stilato un decalogo della salute assolutamente facile da adottare:

1) mantenersi snelli
2) mantenersi fisicamente attivi
3) limitare bevande zuccherate e alimenti ad alta densità calorica
4) prediligere cibi di provenienza vegetale
5) limitare il consumo di carni rosse
6) evitare bevande alcoliche
7) assumere poco sale ed evitare alimenti contaminati con muffe
8) variare la dieta
9) allattare i bebè per almeno sei mesi
10) seguire questi consigli soprattutto se si è stati già ammalati

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