Grazie alle quasi 140mila firme raccolte dalla sua petizione, Nicola Thorpe è riuscita a invitare il Parlamento Inglese a decidere se è lecito pretendere che le donne indossino tacchi alti al lavoro, pena il licenziamento.


Nel Regno Unito è infatti permesso ad una ditta di imporre tacchi alti alle impiegate, contro la loro volontà.

Le regole sull’abbigliamento dovrebbero essere cambiate in modo che le donne possano scegliere di indossare scarpe basse al lavoro, se lo desiderano. Gli attuali canoni sull’abbigliamento sono sorpassati e sessisti”, conclude la petizione che continua a raccogliere firme nonostante sia riuscita a raggiungere in mezza giornata il quorum di 100mila adesioni richiesto per la disamina parlamentare.


Penso che tutte le donne della nostra civilissima Europa debbano essere grate a Nicola Thorpe per aver trasformato una disavventura lavorativa come tante, in una denuncia della disuguaglianza di trattamento esistente fra uomo e donna nell’ambiente impiegatizio.

Per ricostruire la sua vicenda occorre tornare al dicembre 2015:

la 27enne Nicola ottiene tramite un’agenzia interinale un impiego temporaneo come receptionist presso una importante ditta di consulenza legale e fiscale.


Si presenta al lavoro coi tacchi bassi e la invitano a procurarsi, seduta stante, un paio di scarpe con 10 cm di tacco, per rispettare il regolamento aziendale.

Lei fa resistenza e viene rispedita a casa senza tanti complimenti e senza stipendio.

Ingoiata l’amarezza, Nicola crea su Twitter un hashtag, #myheelsmychoiche, che ha un immediato successo così come la sua petizione che ha avviato una crociata femminista in un’epoca dove non si dovrebbe più sentir parlare di cose del genere.

Perlomeno non in Europa.

Ho scelto per questo post delle fotografie di donne di varie età, appartenenti ad epoche e ambiti diversi, tutte famose – quando non addirittura iconiche o molto potenti – indipendentemente dai loro tacchi.

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